Gli studenti incontrano lo scrittore afghano Enaiatollah Akbari, ospite del Corni

Torna, dopo la forzata pausa imposta dalla pandemia, la rassegna organizzata dalla Biblioteca del Corni “Scrittori sui banchi” che negli anni ha permesso ai nostri studenti di conoscere e incontrare scrittori, autori, protagonisti del mondo della cultura.
Fra questi ricordiamo Niccolò Ammaniti, Carlo Lucarelli, Piero Dorfles, Silvia Avallone, Paolo Nori, V. M. Manfredi,  M. P. Veladiano, Rita Borsellino, Alessandra Arachi, Paolo Di Stefano, Giacomo Mazzariol, Andrea Zorzi, Flavio Tranquillo,  Paolo Rumiz.
Giovedi 7 aprile 2022 l’Auditorium dell’istituto si è finalmente riaperto per ospitare lo scrittore afghano Enaiatollah Akbari.
Pubblichiamo, insieme alle foto dell’evento, le riflessioni degli studenti della 3C LSSA:
Il 7 aprile 2022 abbiamo avuto l’opportunità di incontrare lo scrittore protagonista, nonché autore (a quattro mani con Fabio Geda) dei due libri “Nel mare ci sono i coccodrilli” e “Storia di un figlio” nella nostra scuola, nel corso dell’attività “SCRITTORI tra i BANCHI”. 
Nei giorni precedenti ci eravamo preparati, imparando a conoscere Enaiatollah Akbari, attraverso la sua biografia ed un breve filmato tratto da Rai letteratura in cui - insieme a Fabio Geda - presentava il suo ultimo libro.  Il tema degli immigrati, profughi e rifugiati politici era già stato affrontato nelle lezioni di Educazione civica, più precisamente in merito all’approfondimento del romanzo che abbiamo letto e su cui abbiamo lavorato di Amara Lakhous, “Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio”. 
Queste sono alcune delle nostre impressioni, annotate a caldo, sull’onda delle emozioni che le parole di Enaiat ci hanno suscitato dopo l’incontro in Auditorium.

  

“L’incontro con E.Akbari è stato illuminante. Vedere personalmente un emigrato (e uno scrittore) che ha dovuto affrontare molte sofferenze nel suo viaggio verso la rinascita e nel distacco dalla sua Patria e dai suoi affetti, mi ha fatto capire che i miei problemi giornalieri, che sembrano grossi come montagne, sono in realtà dei granelli di sabbia. Ho apprezzato molto la forza di Akbari nel condividere la sua vita con migliaia di persone per sensibilizzarle sul problema dei migranti e, magari, incoraggiare qualche ragazzo a trovare un modo per aiutare l’Afghanistan.
Ho imparato come i Talebani hanno preso il paese dell'Afghanistan imponendo il proprio controllo su ogni cosa. Ad esempio uccidono chi ha un titolo di studio o eliminano gli hazara, l’etnia di Akbari. Per loro picchiare o uccidere è la stessa cosa, disprezzano infatti la vita delle persone. Grazie a questo incontro ho capito che devo ritenermi fortunata ad essere nata in questa parte del mondo. Le riflessioni sulla scuola mi hanno permesso inoltre di apprezzare ancora di più il valore dell’istruzione, cosa che noi europei, avendo da sempre a disposizione, diamo per scontato o addirittura vediamo come un peso. In più, parlando della difficile condizione delle donne in Afghanistan, ho realizzato che noi ragazze occidentali, pur avendo ancora molte differenze con gli uomini, possiamo ritenerci fortunate ad avere tutte queste libertà.” (Elena Orsini)

   

“L'incontro con Enaiatollah Akbari oltre ad essere stato molto interessante è stato anche fonte di riflessione. Mi ha particolarmente colpito la sua risposta dopo che un compagno gli ha chiesto se la sua famiglia avesse letto i libri che lo vedevano come protagonista. Enaiatollah ha spiegato che non ha mai raccontato ai suoi cari le difficoltà e gli imprevisti incontrati durante il viaggio, non sa nemmeno se leggeranno i libri. Ha preferito non informarli sui particolari della vicenda soprattutto per non rattristare sua madre che ha rischiato tutto pur di metterlo in salvo facendolo partire, consegnandolo ad un futuro incerto, ma non definitivamente segnato come se fosse rimasto nella terra natale” (Susanna Zini)

   

“L’incontro con Enaiatollah Akbari è stato un trampolino di lancio per alcune riflessioni personali. Quello che mi ha colpito maggiormente - oltre ovviamente alle sue parole e a ciò che ha dovuto passare nella sua vita per fuggire ai talebani e dalle discriminazioni - è stato averlo lì davanti: leggere il libro è toccante e ad effetto, però sentir dire le stesse cose dalla persona che le ha vissute è una sensazione diversa… E’ come se quelle parole assumessero un significato diverso: è davvero possibile avere davanti un uomo che anni prima aveva viaggiato in un doppio fondo di un camion urinando in una bottiglia, in assenza di luce per giorni, stritolato insieme ad altri disperati come lui, disposti a tutto pur di scappare dalla miseria? Davvero da bambino ha assistito alla fucilazione del suo professore? Ho davvero davanti quella persona che fu abbandonata dalla madre?  È questo quello che colpisce, la consapevolezza che le parole scritte non sono solo frasi o affermazioni, ma realtà… è quasi come se queste prendessero vita. Questo incontro obbliga a cambiare punto di vista, a ritenersi fortunati perché nati nella parte ricca, privilegiata del mondo. Per Enaiat vedere i bambini andare a scuola era un’emozione. Dall’incontro ho imparato molto sull’ Afghanistan, più che imparato mi ha ricordato molte cose a cui alla fine io, che sono distante da determinate realtà, non penso: la corruzione che viene praticata alla luce del Sole, la mancanza di rispetto nei confronti della donna e dei singoli individui che non sono liberi di vestirsi, muoversi o parlare come vogliono. Enaiat nel suo incontro ha trasmesso grande coraggio e, come dicevo, ha insegnato che bisogna essere grati ci ciò che si ha.” (Mattia Esposito)

    

“Incontrare l'autore di un libro è sempre una preziosa esperienza che arricchisce e sensibilizza chi ascolta. Mi ha colpito soprattutto il fatto che le ragazze in Afghanistan non possono studiare, andare all'università, scegliere la vita che vogliono; quello che a me sembra un incubo è la realtà di molte donne. Un’altra cosa che mi ha fatto riflettere è l'importanza della scuola: noi a volte la vediamo come un peso, un obbligo. Per Enaiatollah e i bambini dell'Afghanistan, al contrario, la scuola è una benedizione, un privilegio di pochi a causa dei talebani.
Anche se vorrebbe, Enaiat non riesce a fare niente per l’istruzione nel suo paese d'origine, ma può però far molto per la scuola in Italia: fare conoscere la sua storia ai ragazzi italiani.” (Chiara Giuliani)

   

“Una delle cose che mi ha colpito maggiormente è quando ha detto che la scuola per lui era tra le esperienze più importanti. Per lui andare a scuola era una possibilità di imparare qualcosa di nuovo. Poteva sembrare poco, ma era comunque di grande valore, perché quando tornava a casa insegnava ai suoi familiari ciò che aveva imparato a scuola. Un’altra cosa che mi ha colpito è stato il fatto che andare a scuola ti poteva salvare la vita. Infatti chi andava a correre nei campi poteva appoggiare il piede su una mina antiuomo e, quindi, rischiare di perdere una parte del corpo o addirittura morire. Queste sono tutte cose che diamo per scontato qui in Italia, ma non lo sono affatto. Una cosa molto importante è che ha detto che la conoscenza ti rende liberi. Per i talebani la conoscenza avviene solo attraverso il Corano e i precetti religiosi. Fanno il lavaggio del cervello a chiunque non segua perfettamente il Corano. La conoscenza e lo studio invece rendono liberi perché ognuno è libero di scegliere con la propria testa. Mi ha fatto riflettere molto, sia mentre leggevo il libro sia durante l’incontro, il fatto che per noi tante cose siano scontate. Noi non ci preoccupiamo di avere abbastanza da mangiare, oppure di camminare per strada senza il rischio di morire o essere catturati dai talebani. Invece nel mondo ci sono davvero tante persone che vivono quotidianamente il pericolo e la sofferenza. Noi ci lamentiamo di cose davvero inutili.” (Gabriele Monfredini)

Enaiatollah Akbari